Galileo Galilei

Galileo Galilei
Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, padre della scienza moderna.

Il suo nome è associato ad importanti contributi in dinamica[1] e in astronomia – fra cui il perfezionamento del telescopio, che gli permise importanti osservazioni astronomiche[2] – e all’introduzione del metodo scientifico (detto spesso metodo galileiano).

Di primaria importanza furono il suo ruolo nella rivoluzione astronomica e il suo sostegno al sistema eliocentrico e alle teorie copernicane. Accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galileo fu per questo condannato come eretico dalla Chiesa cattolica e costretto, il 22 giugno 1633, all’abiura delle sue concezioni astronomiche, nonché a trascorrere il resto della sua vita in isolamento.

La giovinezza (1564-1588)

Galileo nacque il 15 febbraio 1564 a Pisa, [3] primogenito dei sette figli di Vincenzio Galilei e di Giulia Ammannati. [4] Gli Ammannati, originari delle terre di Pistoia e di Pescia, vantavano origini prestigiose: un Tommaso Ammannati (ca 1345 – 1396), fu fatto cardinale da Clemente VII nel 1385, mentre il fratello Bonifazio (ca 1350 – 1399) ottenne la porpora nel 1397 da uno dei successori di Clemente, l’antipapa Benedetto XIII; quanto a Giacomo Ammannati Piccolomini (1422 – 1479), cardinale dal 1477, fu umanista, continuatore dei Commentarii di Pio II e autore di una Vita dei papi che è andata perduta.

Si comprende come Giulia Ammannati non mancasse di far rilevare la disparità di origini a Vincenzio, per quanto gli antenati del marito fossero appartenuti alla buona borghesia fiorentina: si ricorda un Tommaso Bonaiuti, che fece parte del governo di Firenze dopo la cacciata del Duca di Atene nel 1343, e un Galileo de’ Galilei (1370 – ca 1450), medico noto al suo tempo e gonfaloniere di giustizia, il cui sepolcro nella chiesa di Santa Croce divenne la tomba dei suoi discendenti. Però Vincenzio era nato a Santa Maria a Monte nel 1520, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo, per necessità di maggiori guadagni, all’esercizio dell’arte della musica la professione del commercio. Il 9 luglio 1563 Vincenzio prende in locazione una casa in via dei Mercanti a Pisa da Giuseppe Bocca mentre, tra coloro con cui era in affari, spicca il nome del patrizio pisano Iacopo della Seta, [5] membro dell’Accademia degli Svegliati.

Liutista, insegnante e teorico musicale – aveva fatto parte della Camerata fiorentina dei Bardi – era entrato in conflitto con la tradizione classica sostenuta dal suo maestro Zarlino, che attribuiva la consonanza tra tutti i suoni al controllo delle proporzioni numeriche e, con il suo Discorso intorno all’Opera di Messer Gioseffo Zarlino da Chioggia e il Dialogo della musica antica e della moderna, aveva proposto di ritornare alla melodia monodica contro l’imperante polifonia contrappuntistica.

Degli altri sei figli di Vincenzio e di Giulia, sono rimaste alcune notizie di Pietro Paolo, di Virginia, nata nel 1573, di Michelangelo, nato nel 1575, e di Livia, nata nel 1578, come il fratello Michelangelo, a Firenze, dove la famiglia Galilei si era trasferita fin dal 1574. Il giovane Galileo fece i suoi primi studi a Pisa sotto Muzio Tedaldi, doganiere della città, e a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l’abito di novizio fino all’età di quattordici anni.

Vincenzio, il 5 settembre 1581, iscrisse il figlio all’Università di Pisa con l’intenzione di fargli studiare medicina, come a volere che Galileo ripercorresse la tradizione del suo glorioso antenato e soprattutto intraprendesse una carriera che poteva riservare lucrosi guadagni; nonostante il suo interesse per i progressi sperimentali di quegli anni, l’attenzione di Galileo fu presto attratta dalla matematica, che cominciò a studiare dall’estate del 1583, sfruttando l’occasione della conoscenza fatta a Firenze di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Niccolò Tartaglia. Caratteristica del Ricci era l’impostazione che egli dava all’insegnamento della matematica: non di una scienza astratta, ma di una scienza che servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche ingegneristiche. È probabile che a Pisa Galileo abbia seguito anche i corsi di fisica tenuti dall’aristotelico Francesco Bonamico: lo testimonierebbe la coincidenza di argomentazioni esistente tra gli Juvenilia, gli appunti di fisica abbozzati da Galileo in questo periodo, e i dieci libri del De motu del Bonamico.

Palazzo dei CavalieriDurante la sua permanenza a Pisa, protrattasi fino al 1585, Galileo arrivò alle sua prima, personale scoperta, l’isocronismo delle oscillazioni del pendolo: per quanto la paternità della scoperta vada assegnata a Ibn Junis (950 – 1009), è certo che l’attività di quell’astronomo arabo era ancora del tutto sconosciuta in Europa.

Fu così che, dopo quattro anni, il giovane Galileo rinunciò a proseguire gli studi di medicina a Pisa e ritornò a Firenze, dove approfondì i suoi nuovi interessi scientifici, occupandosi di meccanica e di idraulica; nel 1586 inventò uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei corpi: ne descrive i dettagli nel breve trattato La bilancetta, circolato prima fra i suoi conoscenti e pubblicato postumo nel 1644. L’influsso di Archimede e dell’insegnamento del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi, espressi nel Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, pubblicato solo nel 1638 in appendice ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, e trovò una soluzione al problema della corona di Erone.

Galileo cercava intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni private di matematica a Firenze e a Siena, nel 1587 andò a Roma a richiedere una raccomandazione per entrare nello Studio di Bologna al famoso matematico Christoph Clavius, [7] ma inutilmente, perché a Bologna gli preferirono alla cattedra di matematica il padovano Giovanni Antonio Magini. Su invito dell’Accademia Fiorentina tenne nel 1588 due Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante, difendendo le ipotesi già formulate da Antonio Manetti sulla topografia dell’Inferno immaginato da Dante finché, nel 1589, raccomandato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, fratello del matematico Guidobaldo, ottenne dal granduca Ferdinando I un contratto triennale per tenere la cattedra di matematica nello Studio di Pisa.

L’insegnamento a Pisa (1589-1592)


Pendolo di Galileo GalileiFrutto dell’insegnamento pisano è il manoscritto De motu antiquiora, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato, pubblicato a Torino nel 1585, Diversarum speculationum mathematicarum liber di Giovanni Battista Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell’«impeto» come causa del «moto violento». Ben
ché non si sapesse definire la natura di un tale impeto impresso ai corpi, questa teoria, elaborata per la prima volta nel VI secolo da Giovanni Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini, pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel quale i corpi stessi si muovono.

A Pisa Galileo non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue Considerazioni sul Tasso che avranno un seguito con le Postille all’Ariosto: si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme e dell’Orlando furioso dove, mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell’immagine e del verso, ciò che ama nell’Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l’equilibrio armonico di questo, la coerenza dell’immagine l’unità organica – pur nella varietà – del fantasma poetico».

Nell’estate del 1591 il padre Vincenzo morì, lasciando a Galileo l’onere di prendersi cura del mantenimento di tutta la famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, sposatasi quello stesso anno , Galileo dovette provvedere alla dote, contraendo dei debiti, così come dovrà fare per le nozze della sorella Livia nel 1601 e altri denari dovrà spendere per soccorrere le necessità della numerosa famiglia del fratello Michelangelo. Non bastando il modesto stipendio di sessanta scudi all’anno, e nell’imminenza della scadenza del suo contratto, Galileo si rivolse nuovamente all’influente amico Guidobaldo Del Monte che lo raccomandò al prestigioso Studio di Padova, dove era ancora vacante la cattedra di matematica dopo la morte, nel 1588, del professore Giuseppe Moletti.

Il 26 settembre 1592 le autorità della Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un contratto, prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l’anno. Il 7 dicembre Galileo tenne a Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni iniziò un corso destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi resterà per 18 anni, che definirà «li diciotto anni migliori di tutta la mia età».

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